Palermo, Mafia: confiscati beni per oltre 20 milioni di euro ad imprenditore

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La direzione investigativa antimafia di Palermo ha eseguito una confisca di aziende, beni immobili e conti correnti, già sottoposti a sequestro tra il 2013 ed il 2014, nei confronti del 48enne, imprenditore palermitano, Salvatore Vetrano, per un valore complessivo di oltre 20 milioni di euro. Per Vetrano è arrivata anche una misura di prevenzione della sorveglianza speciale di pubblica sicurezza della durata di due anni e sei mesi, con obbligo di soggiorno nel comune di residenza. Il decreto è stato emesso dal Tribunale di Palermo.
La confisca ha riguardato le seguenti attività:
la “Veragel srl” di Carini (Pa).
13 immobili.
I corrispettivi delle vendite di 1 immobile, 2 imbarcazioni da diporto, 2 motori fuoribordo 1 autovettura
e libretti nominativi ordinari, conti correnti bancari, depositi a risparmio, investimenti assicurativi e rapporti finanziari.

Vetrano inizia la sua carriera criminale a luglio del 99, quando, con suo padre Giacomo, fu accusato di procurare profitto anche ai componenti della famiglia mafiosa palermitana di “Corso Calatafimi”. L’uomo insieme a suo padre riceveva e occultava, in una cella frigorifera di una società familiare, il carico di pesce proveniente da una rapina.
Nel 2002, è stato arrestato, per aver rapinato un carico di pesce congelato, in concorso con altri soggetti di cosa nostra. I Vetrano, hanno avuto legami con noti esponenti del clan palermitano come Benedetto Graviano e Cesare Lupo.
Viene recluso nel 2012, per aver tentato di uccidere l’imprenditore Giuseppe Toia.
Vetrano ha acquisito un cospicuo patrimonio immobiliare e creato aziende di prodotti alimentari, beneficiando di finanziamenti comunitari erogati dal Fondo Europeo per la pesca in Sicilia, e sottraendo a tassazione ingenti ricavi imponibili, frutto della propria attività commerciale.

Secondo le indagini da parte della DIA, in seguito è stato verificato che Vetrano fosse vicino anche a elementi di spicco di Cosa Nostra, come Gianfranco Puccio e Giuseppe Salvatore Riina, figlio di Totò, e come la sua fortuna fosse stata frutto di una commissione d’interessi tra attività di impresa e attività mafiosa.
I collaboratori di giustizia  Manuel Pasta, Andrea Bonaccorso, Salvatore Giordano e Sebastiano Arnone, hanno confermato che le attività di Vetrano fossero state realizzate grazie all’appoggio e al sostegno di Cosa Nostra. Il collaboratore di giustizia Vito Galatolo ha riferito, inoltre, che nell’attività imprenditoriale di Vetrano era stato investito denaro appartenente ad esponenti di Cosa Nostra.

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